ADOLESCENZA.Il principale compito evolutivo dell’adolescenza è l’acquisizione di un’identità autonoma. Compito avvertito da molti ragazzi come un dilemma cruciale. Cambiamenti fisici, emotivi, cognitivi e relazionali avvengono contemporaneamente in maniera repentina e a volte disarmonica, spingendo l’adolescente a una ridefinizione e riorganizzazione del proprio sé rispetto a se stesso e agli altri (genitori, amici, figure adulte di riferimento). Il processo di formazione dell’identità si realizza attraverso la sperimentazione, cioè il provarsi in ruoli diversi e recitare una pluralità di copioni sociali. Parallelamente le esperienze interpersonali si moltiplicano e aumentano anche le occasioni di identificazione. Accanto alle figure primarie, diventano oggetto di interesse ed attrazione altri individui adulti (insegnanti, allenatori, idoli, etc.,) e coetanei. L’adolescente costruisce così una variegata rete di relazioni. All’interno di questa rete ha l’opportunità di confrontarsi e di riconoscere parti di altri interessanti per sé. Le sperimentazioni e le identificazioni dell’adolescente sono inizialmente scisse tra loro. Manca ancora una sintesi armonica. “Chi sono io?” si chiede l’adolescente. E’ tramite questo gioco di sperimentazioni e identificazioni che egli cerca una risposta. Si definisce, si conosce come separato e diverso dagli altri, prende consapevolezza delle proprie risorse e dei propri limiti confrontandosi con l’immagine che gli altri e la società gli rimandano di sé. Il percorso descritto è emotivamente faticoso per il ragazzo, poiché, da una parte, comporta l’elaborazione di una perdita, la rinuncia ad alcuni sé possibili, una definizione della propria personalità, l’assunzione di fronte a se stesso e agli altri delle proprie idee, valori e azioni; dall’altra implica l’impresa di mantenere stabilità ed equilibrio nel cambiamento, integrare gli aspetti di sé emergenti (a partire dalle nuove esperienze interiori e relazionali) con quelli già consolidati. In questa fase della vita è tipico il conflitto tra il bisogno di autonomia e di individuazione da un lato, e quello di sentirsi ancora bambini, protetti e rassicurati, dall’altro. Conflitto spesso neanche troppo consapevole. Inoltre, i mutamenti biologici e i compiti evolutivi dell’adolescente interagiscono inevitabilmente con la storia personale e il contesto storico-sociale-culturale in cui egli è inserito. Tutti questi fattori fanno dell’acquisizione di un’identità autonoma e della consapevolezza di sé un obiettivo complesso. Un processo continuo che si realizza attraverso ripetute crisi, esplorazioni e riorganizzazioni. Un percorso prolungato e differenziato che, attraverso la risoluzione di conflitti e difficoltà, permette all’adolescente di costruire diverse componenti della sua personalità e, parallelamente, di accrescere l’autostima e la percezione di auto-efficacia. Se la varietà delle forme di relazione che l’adolescente sperimenta costituiscono i fattori determinanti l’acquisizione di un’identità autonoma, si comprende l’importanza del ruolo che la famiglia e la scuola rivestono nel processo di individualizzazione, quali principali istituzioni con cui il giovane interagisce.
LA FAMIGLIA ADOLESCENTE. Sebbene durante l’adolescenza l’incontro con i coetanei e il gruppo rivesta una parte importante nel cambiamento evolutivo, in realtà molte trasformazioni si giocano all’interno del nucleo familiare che, a sua volta, è messo in gioco. Nella nostra epoca ciò è diventato ancora più evidente a causa delle mutate condizioni socioeconomiche che prolungano la permanenza in casa dei ragazzi. I cambiamenti che vive l’adolescente influiscono sul contesto familiare. Il conflitto tra bisogno di autonomia e bisogno di protezione si esprime all’interno della famiglia attraverso diverse forme di comunicazione verbale (silenzio, aumento delle discussioni, provocazioni e aggressività verbale) e non verbale (modo di vestire e di atteggiarsi, rapporto con il cibo, modalità di gestire gli spazi personali). Si tratta di una conflittualità che costringe i membri del sistema famiglia a ridefinire i legami l’uno con l’altro e, quindi, a riorganizzare il sistema stesso. Anche la famiglia è smossa da due spinte antagoniste: una forza spinge verso l’esterno, promuovendo l’autonomia e la differenziazione dei singoli membri, mentre un’altra forza preme verso l’interno, cioè verso l’appartenenza e il rafforzamento della dipendenza. La fase adolescenziale implica dunque la rinegoziazione reciproca delle distanze interpersonali. Tutti i componenti del sistema sono chiamati a un coinvolgimento attivo in questo processo. Non si tratta di una rottura dei legami, ma di un riadattamento dovuto all’elemento di novità apportato dall’adolescente con i suoi nuovi bisogni. Un riadattamento che in genere porta a relazioni più simmetriche. Anche se i ragazzi non sembrano accettare volentieri i valori e i tentativi di guida dei genitori, è proprio dal confronto con le regole e i modelli familiari che scoprono chi sono, cioè che cosa pensano e a cosa tengono. In questa ottica, il conflitto in adolescenza può avere un significato positivo, sia in termini di sviluppo individuale che nella dimensione relazionale. Spesso l’adolescenza dei figli coincide per i genitori con un periodo critico della loro vita. Mentre i più giovani in famiglia si affacciano alla progettualità autonoma, altri si trovano a formulare verifiche e bilanci su ruoli ormai consolidati di padri o madri, coniugi, professionisti. La crescita dei figli rimanda all’idea del tempo che passa e, allo stesso tempo, rievoca il proprio percorso, riporta alla relazione con i propri genitori. Marito e moglie si ritrovano più spesso di prima soli in casa e questo può comportare difficoltà quando ci si è troppo identificati nel ruolo di madre o padre, svuotando la coppia di significati condivisi. Quindi non è solo l’adolescente a dover affrontare dei compiti evolutivi. Anche i genitori sono impegnati in nuove tappe del loro sviluppo come adulti, come membri di una coppia coniugale, come membri di una coppia genitoriale. Anche ai genitori si presenta un’opportunità evolutiva, ma, paradossalmente, in una fase in cui rischiano di sentirsi inutili, inadeguati, passivi rispetto alla crescita dei figli.
LA SCUOLA PER L'ADOLESCENTE.La scuola è l’istituzione con cui, a parte la famiglia, l’adolescente ha maggiormente a che fare. La scuola è un mezzo di integrazione sociale, di trasmissione culturale e di perpetuazione dei valori. La scuola si propone di incrementare le conoscenze e gli strumenti intellettivi per consentire alle nuove generazioni di raggiungere le competenze necessarie al mantenimento e allo sviluppo culturale e tecnologico della società. Oltre a questa funzione ideologica, l’obiettivo della scuola è anche quello di favorire lo sviluppo integrale della persona nei suoi aspetti fisico, cognitivo, emotivo, estetico, morale e sociale. I momenti di passaggio dalla scuola primaria alla scuola media e da questa a quella superiore spesso sono vissuti dai ragazzi in modo critico. Si tratta di un passaggio che avviene in una fase evolutiva complessa e confusa. L’impegno scolastico può essere vissuto come un intralcio al lavoro di scoperta di sé e di sperimentazione che l’adolescente sente indispensabile per raggiungere l’autonomia e l’individuazione. A scuola l’adolescente vive come un obbligo le attività di pensiero e rappresentazione. Si difende da quel che sente come un’imposizione tramite l’evitamento (negligenza scolastica, allontanamento fino all’abbandono) o l’adattamento passivo (imitazione al posto della creatività). Allora per la scuola diventa importante farsi carico del processo di apprendimento, cercando connessioni stimolanti tra ciò che accade dentro le sue mura e quel che riguarda la vita, così che l’adolescente non avverta una scissione troppa netta tra il lavoro scolastico e i bisogni emergenti (socializzazione, autonomizzazione, sessualità, ecc.,). La scuola deve rappresentare una cassa di risonanza per l’espressività dei ragazzi, deve fornire uno spazio in cui sia possibile ottenere un rispecchiamento il più possibile esatto di chi si è. La scuola deve dare la possibilità all’adolescente di fare esperienza di sé insieme agli altri e di condividere la narrazione di sé. E’ tramite il raccontare e il raccontarsi che si arriva a strutturare un’identità e un sé ben ancorati e contestualizzati culturalmente (Bruner, 1996). Compito della scuola è dunque anche quello di accompagnare l’adolescente nel passaggio da luoghi mentali confusi e conflittuali a luoghi mentali comprensibili, condivisibili, a cui sia possibile dare un senso.